mercoledì 20 aprile 2016

Back to Israel

Back to Israel
Welcome back to israel, verrebbe da dire: dopo un' assenza forzata di un anno, a causa dei problemi scoppiati nell’ultima parte dello scorso anno e culminati nella cosi detta “intifada dei coltelli”, che ci hanno costretto a cancellare la visita di novembre, non facciamo in tempo a mettere piede su suolo israeliano che una bomba esplode su un autobus di linea a Gerusalemme, riaccendendo timori, paure, preoccupazioni, non tanto in noi, qui a Tel Aviv, quanto piuttosto nelle persone a casa, che sanno che siamo qui e ascoltano i nostri (intendo italiani, per nostri) telegiornali o leggono i nostri quotidiani. E infatti da dopo l’esplosione mi sono arrivati messaggi da tante persone preoccupate, fin anche quello del presidente insieme al dg, che ci invitavano a ponderare bene le scelte, a valutare bene il programma e a non trascurare l’ipotesi di ritorno a casa. No, no, tranquilli: la missione si porta a termine, ci sono tutte le condizioni. Certo, rientrare su questi campi del mondo ed essere accolti da una bomba non è piacevole, ma…è così. Da queste parti ogni tot tempo qualche cosa deve succedere, qualche violenza deve scatenarsi, qualche morto deve scapparci e se vogliamo continuare a lavorare qui, dobbiamo imparare questa cosa, imparare a convivere con lo stato di precarietà perenne e con una certa dose di tensione, per cui…va bene così. Mollare ora e rientrare a casa sarebbe sciocco, oltreché inutile, e di certo non cambierebbe le cose; oltretutto ora che le cose per noi di inter campus stanno iniziando a girare per il verso giusto e soprattutto con continuità, grazie al costante e preciso lavoro di Yasha e Jasmin, cancellare anche questa visita vorrebbe dire non vedere gli allenatori e i bambini per altri sei mesi, perdendo completamente il controllo e il contatto, soprattutto, con le persone. No, no, non s’ha da fare. Diamo inizio alla nostra missione domani, con la visita in West Bank e andiamo avanti per la nostra strada, con la nostra speranza di riuscire a cambiare, anche solo poco, le cose tra questi due popoli, con una maglia che li unisce e una palla da inseguire.

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