giovedì 23 gennaio 2014

Nkondongo

Giorno...giorno!

Non credo di possedere nel mio vocabolario sufficienti aggettivi e sostantivi per poter riuscire a descrivere il quartiere di Nkondongo, dove oggi abbiamo fatto allenamento e tra le cui "strade" oggi abbiamo camminato, accompagnati dai nostri giovani giocatori, eccitati e contenti dall'idea di presentarci i loro genitori e mostrarci dove vivono. Temo di non possedere parole sufficienti e adeguate non perché la bellezza del posto mi abbia lasciato senza parole, né, tanto meno, perché le vedute mozzafiato nel risalire la collina sulla quale si abbarbicano le baracche mi abbia reso geloso di tale bellezza, al punto da non volerla condividere con nessuno. No, no. Niente di tutto questo. Anzi. L'esatto contrario: non avevo mai visto prima d'oggi un posto tanto squallido, povero, sporco, maleodorante e...pericoloso. Un verde e maleodorante fiume d'acqua sporca, che ogni tanto sputa bolle e sul quale navigano bottiglie di plastica, cartaccia e cose irriconoscibili, scorre, si fa per dire, visto che è piuttosto immobile, ai piedi della collina, coperta di casette e piccoli spazi verdi che altro non sono che gli orticelli di questa povera gente, dove coltivano la merce che le mamme vanno a cercare di vendere per strada. Nessuna favela di Rio, di Sao Paolo o di Recife, nessuna di Luanda, Kinshasa o Kampala, nulla del poco mondo da me finora conosciuto si avvicina a questo ammassa di povertà, miseria e...sorrisi! Si, sorrisi, perché inoltrandoci passo dopo passo nel quartiere, fra odori violenti, acque putride e terra piena di sporcizia è stato tutto un "Bonjour", "Merci" "Bienvenue", con il lungo serpentone di persone che ci scortava che acquisiva nuovi compagni ad ogni metro calpestato. Come è possibile? Baracche, si altro non sono che baracche, di legno marcio, costruite su terra rossa, sporca e colma di lerciume, che accolgono spazi polverosi con seggiole di legno intorno a tavoli ricavati da assi storte e qualche poltrona sfondata o divano distrutto ad arredare il tutto, niente acqua corrente, energia; la famiglia vive su risorse economiche legate a lavori giornalieri e alla vendita di qualche plantain o altro frutto da parte delle mamme; rischio malattie elevatissimo, vista l'insalubrità della zona, eppure...sorrisi! Incredibile e affascinante. E i nostri bambini sono i primi dispensatori di sorrisi: senza scarpe, senza nulla, se non i nostri kit, eppure...Io non ne sarei capace; io non sarei così sorridente. Eppure...
In campo, poi, per quanto scarsotti, tutti concentratissimi, attenti e pronti ad accogliere positivamente i richiami, le correzioni del bianco che li sta guidando; tutti capaci di sostenersi l'un l'altro, senza manifestare alcune episodio di conflittualità tra loro o risposta negative alle correzioni;  insomma, la squadra ideale, anche se, ripeto, effettivamente scarsotta sia tecnicamente, che motoriamente. Però con un tale atteggiamento, con un tale approccio alla seduta, ogni allenamento è una crescita, è un percorso verso il miglioramento, è un esempio da seguire per i miei giocatori italiani, ma anche per il sottoscritto. Non sto idealizzando la cosa, non mi son fatto prendere dal fascino della realtà che sto attraversando, perdendo il mio spirito critico; non è la prima volta che vengo da queste parti (anzi, facendo due conti...è la 17esima volta) e non voglio fare un discorso buonista e superficiale della situazione. È la pura realtà, per lo meno quella che vivo io. E rimane per me difficile da capire, ma affascinante da vivere.

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