martedì 30 aprile 2024

Giornata infinita

 
Alle 14 siamo in aula, pronti per l’apertura ufficiale, accompagnati dal nostro direttore e dai vari presidenti e ministri, come al solito. E la percezione avuta durante la corsa se non accentuata e per lo meno confermata: anche questo posto, la sede della federazione, appare decadente, di un’altra epoca, forzatamente portato ai giorni nostri attraverso l’aggiunta di prese, deflettori per l’aria condizionata (che non funziona mai) e altre diavolerie moderne, ma poco…performante. Televisioni e giornalisti vari allungano un po’ le cose, ma fortunatamente circa un’ora dopo, siamo pronti a iniziare: i prof sono coinvolti, partecipano, condividono con noi il loro interesse, anche se qualcuno sembra un po’ tagliato fuori, lo vedo un po’ assente. Provo ad indagare e ciò che pensavo risulta essere vero: l’inglese qui è studiato da una piccola parte, per lo più dai giovani. Quelli della mia generazione fanno fatica a capirlo e a parlarlo, ma sti pirla non ci hanno detto nulla e quindi non ci siamo attrezzati con l’eventuale traduttore. Amen, proveremo a gesti e con qualche parola di italiano.
Il tempo passa velocemente, la parte teorica prevista per oggi mi sembra sia “arrivata” ai nostri amici eritrei, quindi ora possiamo passare a ciò che veramente conta: il campo. E li si che mi diverto. La passione, l’entusiasmo, ma anche l’attenzione a cogliere ogni particolare della mia spiegazione, delle mie correzioni è se non unica, per lo meno molto rara (almeno per la mia esperienza); in più di base tutti i bambini possiedono un buon bagaglio motorio, per cui risulta relativamente semplice per loro apprendere, conoscere, migliorare la gestualità tecnica nel corso delle 3 sedute che propongo. E quando trovi del “materiale umano” così, non puoi che divertirti, provando anche a spingere un po’ sull’acceleratore per lasciare qualcosa in più ai tuoi alunni, ai professori. Insomma, saranno loro a portare avanti il progetto e voglio che anche loro facciano proprie le cose in cui credo, le cose che da vent’anni (ellamadonna, vent’anni) porto in giro per il mondo. Si, perché una cosa di cui sono sicuro è che un progetto come questo, denominato “sociale” non può, non deve prescindere dall’insegnamento calcistico. I bambini e le bambine vogliono imparare a giocare a calcio, vogliono migliorarsi e crescere con quella palla tra i piedi, per cui se si vogliono passare messaggi “extra calcistici”, chiamiamoli educativi, la tua proposta calcistica deve essere di eccellenza. Non puoi pensare che con dei giochini da oratorio tu possa raggiungere lo stesso, altissimo obiettivo. Non escludo che giocando a palla battaglia, a sparviero o chissà a cos’altro possano divertirsi e anche interiorizzare, fare propri messaggi educativi, ma se rappresenti il calcio, cazzo, sei la fifa, o una qualunque altra realtà calcistica, non puoi ridurti a fare giochini del cacchio con le facce del mister per rappresentare le emozioni. I bambini vengono da te per fare calcio, per conoscere il calcio quello vero, quello che gli aiuta a conoscere meglio se stessi, le proprie emozioni, i propri stati d’animo; quello che gli aiuta a stringere amicizie solide che durano tutta la vita, che gli aiuta a conoscere e interiorizzare regole che condizioneranno, se non determineranno, il loro modo di essere adulti; quello che gli permetterà di conoscere momenti difficili, bui, in cui tutto sembra girare nel verso sbagliato, ma che grazie a quel fuoco, quella passione infinita per quella magica sfera di cuoio, passano, diventano insegnamenti, aiutano a sviluppare quella cosa che ormai non può più prescindere da un qualsiasi progetto educativo: la resilienza.
Insomma, è solo facendo calcio che si può educare, crescere, portare a “fioritura” un bimbo o una bimba. Solo che bisogna insegnarlo nel modo corretto, sfruttando tutto il suo potenziale educativo. Altrimenti si ottiene l’effetto opposto, ossia esattamente quello che la gran parte degli allenatori mondiali sta ottenendo.
Bada bene: non sto dicendo che io detengo la verità e sia l’unico a far le cose come dovrebbero essere fatte. No, no. Sto dicendo che ogni viaggio che faccio mi convinco sempre più che il calcio, ma lo sport in generale, debba essere insegnato a tutti, proposto a tutti, con gli scopi di cui sopra, e che io, nel mio piccolo, nel corso della mia carriera sto cercando con tutto me stesso di seguire questa idea e diffonderla il più possibile. Le mie esercitazioni, le mie sedute, possono sicuramente essere migliorate per raggiungere ancor meglio lo scopo, ma tutto è mosso da quell’obiettivo e oggi in campo, ancora una volta, voglio condividere quell’obiettivo con tutti e 55 gli allenatori che mi stanno ascoltando. O per lo meno fino a quando reggono perché, quando alle 19 circa il TD mi dice che è ora di chiudere e saluto i presenti, non so bene se l’applauso che nasce spontaneo sia per il lavoro svolto o per il semplice fatto che finalmente ho finito!
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