domenica 8 ottobre 2023

India-Palestina-Libano

 

BACK TO PALESTINE

Atterrato all’aeroporto che più odio al mondo dopo un viaggio iniziato a notte fonda da Bangalore (parlerò più avanti della mia esperienza sui campi indiani), devo ammettere che sono un po’ teso, in ansia. Manco da questo paese assurdo da ormai quattro anni e I ricordi legati ai controlli e ai vari militari che popolano questo spazio non sono dei migliori; ma allo stesso tempo son contento di tornare da queste parti, di rientrare nella confusione organizzata dei palestinesi, di tornare a bere settanta caffè al giorno che loro bevono come se fosse acqua e che ti offrono in continuazione, quasi offendendosi se, con le mani tremanti per la quantità di caffeina assorbita in circolo nel tuo corpo, provi a rifiutare con garbo. E il primo contatto con I “locals” è anche super positivo: al controllo passaporti, infatti, una donna sorridente di mezza età, vedendo il logo fifa sul mio petto e leggendo la lettera di invito con lo stesso logo ben in vista, nemmeno apre il mio passaporto pieno di timbri poco graditi da queste parti, mi sorride (addirittura???) e mi dice “ah, Fifa: welcome, welcome. Perfetto. Si entra. E anche I momenti successivi sono super sereni e positivi.

Bene, I miei timori, le mie ansie, erano completamente immotivat...nemmeno il tempo di godermi questo stato di tranquillità che, al check point da cui dobbiamo passare per entrare in palestina veniamo travolti da una novità non propriamente positiva, per lo meno, egoisticamente parlando, per noi: hamas ha attaccato israele con migliaia di missili e questi hanno dichiarato lo stato di guerra. Quindi: confini chiusi e massima allerta. Il check point, infatti, è chiuso e sorvegliato da militari super armati. Cazzo. E adesso. L’autista però è sereno: succede sempre, passiamo da un altro. E infatti dal punto di ingresso da questi conosciuto si entra, ma...cacchio, non si esce! La via opposta è chiusa, bloccata, tante, troppe macchine entrano, ma nessuna esce. “no worries, insiste l’autista, succede sempre”. Ok, mi fido e resto sereno.

Intorno, però, a parte il traffico allucinante, c’è un po' di casino: gruppi di ragazzini con il volto coperto da foulard verdi e sventolanti bandiere palestinesi stanno bruciando cumuli di copertoni vicino al muro a pochi metri dalla “frontiera” e altre colonne di fumo nero si innalzano all’orizzonte, in corrispondenza degli altri punti di ingresso. Ma tutto sembra comunque parte della ordinaria follia, del quotidiano stato di “normalità” di questo lato di mondo, per cui tranquillo e sereno arrivo in hotel, mi doccio veloce e volo al campo per preparare l’aula e fare un sopralluogo sul terreno di gioco in vista dei prossimi tre giorni di lavoro. I vari membri della federazione che ci accolgono ci tengono a tranquillizzarci (ma io non sono preoccupato!) e con loro mettiamo a punto un eventuale piano B e un C per fronteggiare eventuali emergenze dell’ultimo minuto e insieme ad TD della federazione mi godo anche il primo tempo dell’inter. Il primo me lo godo, il secondo un po’ meno...

Perfetto, tutto pronto. Ho anche il tempo di allenarmi. Ottimo.

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