BACK TO PALESTINE part 2
Allenamento in palestra,
doccia e son pronto per la cena insieme ai miei compagni di viaggio e ad alcuni
allenatori. Come sempre da queste parti, il tavolo in breve si riempie di piccoli
piattini con diversi assaggi di ogni cosa (hummus, insalate con la frutta
secca, babaganoush e mille altri) e enormi piattoni ricolmi del loro
maledettamente buonissimo pane. E in più ettolitri di limonata con la menta.
Spettacolo vero. Si attaccano i piatti, si parla, si ride, come se nulla fosse,
fin quando Niko, un mio collega, non riceve una chiamata direttamente dal
segretario generale appena entrato in carica e tutto cambia: dobbiamo
rientrare. Missione cancellata e “asap” dobbiamo salire su un volo per tornare
a casa. ‘azz. Non me l’aspettavo. Già, ma quando partiamo? E come? E
soprattutto, come passiamo il confine, che hanno chiuso tutte le frontiere?
Seguono ore di chiamate
frenetiche, supposizioni, proposte, idee. Chiamo l’ambasciata italiana a tel
aviv…niente. Chiamo il consolato…niente. Attivo la app “unità di crisi”, provo
a registrare la mia posizione, ma…non ho modo di scegliere dall’elenco la
Palestina come luogo ove mi trovo, perché non c’è. Come inizio, direi, non c’è
male. Grazie alla ma direttrice in FIFA, però, riesco a contattare la nostra
assicurazione, che si attiva immediatamente per darci supporto. Intanto anche
gli altri colleghi si attivano e dopo poco più di tre ore arriviamo ad una
decisione comune: andiamo a dormire e aspettiamo che ci dicano come poter
uscire. Senza auto, scorta, non ci muoviamo dall’hotel. Io provo a proporre di
far comunque il corso e l’allenamento: siamo qui, loro sono qui, perché non
provarci? Tanto sicuramente fino a domani non avremo notizie e credo fino a
dopo domani non potremo uscire di qui. Tanto vale. Lo staff della sicurezza
però non prende bene la mia proposta e cancella evento e qualsiasi altra
attività. Ok, ok, mi chiudo in hotel. E aspetto insieme agli altri.
Al mattino, dopo un mini allenamento e colazione, parte una serie infinita di messaggi: UN, IMSSA, FIFA…son tutti super attivi per trovarci una soluzione, ma i problemi grandi da risolvere sono due: le frontiere sono chiuse in uscita e con noi, nella nostra delegazione, c’è una ragazza, prima calciatrice palestinese, fondatrice della nazionale femminile, ora parte dello staff comunicazione di fifa, che ha passaporto palestinese! Un po’ come avere la maglia del tottenham in un pub di tifosi dei gunners. Un bel casino. Ma tutti sono, sembrano, super attivi, sul pezzo, e ci danno grande supporto. Io…son tranquillo, non mi sento in pericolo. Ci son dei momenti in cui mi dico che forse dovrei allertarmi un po’, ma ho l’impressione di essere in buone mani. Ho solo la preoccupazione di trasmettere questa mia tranquillità a Silvia, perché se quando ero in trasferta alle comore, dopo due ore che non riceveva mie notizie ha chiamato l’hotel, non riesco a immaginare quante telefonate abbia già fatto al Papa…
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