sabato 29 ottobre 2022

Djakarta

 Mamma mia, che casino. Nemmeno il tempo di concludere il racconto precedente, che sono nuovamente in aereo, destinazione Indonesia. Rientrato, infatti, a casa sabato mattina, ho avuto giusto modo di disfare la valigia, lavare il materiale tecnico, festeggiare Annina insieme ai suoi amici con una super festa, in un posto fighissimo (mi prendo i meriti della scelta, questa volta) e...risalire in macchina, alla volta di Malpensa. Che ritmi. 

Ora, seduto in questo gigantesco seggiolino in aereo, provo a fissare nella mente, ma anche sul mio diario virtuale, qualche esperienza vissuta nel corso della passata settimana, altrimenti corro il rischio di perderle, di confonderle, di sbiadirle; allontanate, o meglio, soppiantate da altri eventi, altri accadimenti, ormai in continua e rapida successione. Già, perché se da un lato è bello muoversi, viaggiare e accumulare esperienze, penso sia anche necessario viverle completamente, riflettere, capirle, prendersi del tempo per scorrere le immagini nella mente e ripensare a ciò che si è vissuto, ciò che si è fatto, altrimenti si rischia di perdere l'occasione di crescere, di ampliare i propri orizzonti, il proprio bagaglio di avvenimenti, schiacciati come siamo quotidianamente dai mille impegni, mille appuntamenti, mille lavori. 

Eccomi, quindi, a cercare di rivedere, riassaporare questa settimana Armena, prima di tuffarmi in una nuova e totalmente diversa realtà. E non posso che essere contento riavvolgendo il nastro: le persone incontrate, dagli allenatori ai vari membri della federazione, sono stati tutti una positiva e devo ammettere inaspettata scoperta. Gentili, accoglienti, calorosi, orgogliosi del proprio paese e desiderosi di mostrarlo, di presentarlo allo "straniero". Lavorativamente parlando devo dire di essere un po' meno soddisfatto, ma...non si può avere tutto. Ad essere franchi, infatti, il livello degli allenatori è piuttosto basso e non son certo abbiano pienamente compreso, capito, il metodo e il lavoro che dovranno poi svolgere sul campo. L'ostacolo della lingua certo non ha semplificato le cose, ma a tanta simpatia e amicizia ha fatto da contraltare la poca preparazione e famigliarità col calcio e soprattutto con l'allenamento calcistico. Vedremo nei prossimi mesi cosa sarà, cosa succederà. 

Ora, testa all'Indonesia, testa a Djakarta. Paese popolatissimo (più di 200 milioni di abitanti), super fanatico di calcio e tristemente noto ai più per i recenti (ma anche i meno recenti) fatti di cronaca, legati allo sport più bello del mondo. Arriviamo infatti venti giorni dopo la tragedia che ha colpito questa città, questa nazione intera, e diventiamo cruciali per risollevare l'immagine del calcio in quest'area del mondo. But, no pressure, continuano a dire...

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