giovedì 1 novembre 2018

Mont Vernon


FIRST DAY IN NEW YORK
Inizio col botto nella grande mela: obiettivo della visita è trovare un nuovo partner con cui ricominciare i lavori, dopo il divorzio consensuale con uptown soccer, siamo a caccia di nuove opportunità, ben consci del fatto che qui il calcio non è proprio il primo sport in assoluto e soprattutto quando è associato alla parola “sociale” viene visto solo come “palla per aria e giocate liberi, of course in uno spazio sicuro (perché qui la sicurezza per i bambini è una vera ossessione). Si parte quindi alle 7 del mattino da central station (sempre affascinante questa stazione, vista e rivista in mille film, da Carlito’s way, fino a Madagascar; è sempre un rivedere, non uno scoprire questi posti), direzione mount vermont, oltre il Bronx, per incontrare Danny, presidente e fondatore di Backayard sport center, una ong che lavora in quella zona portando il calcio nelle scuole, o in supporto a progetti con bambini. La giornata è intensa, intensissima, senza un attimo di pausa, ma anche positiva e interessante; incontriamo un sacco di gente interessante e impegnata per costruire un mondo migliore, per lo meno per i bambini, e veniamo in contatto con un sacco di progetti bellissimi, tra cui spicca uno chiamato “shelter mont vernon” dedicato a ragazzini che sono appena usciti dal carcere. Li prendono in custodia, li portano nella loro struttura dove dormono e vivono insieme dovendo tenere pulita e in ordine la “casa”, facendo da mangiare, aiutati ovviamente da un cuoco vero, facendo le faccende, andando a scuola, una scuola speciale solo per loro, seguiti da mentor e educatori che li aiutano a studiare e a fare i compiti. Finiti tutti i doveri, il piacere è dato da Danny: un’ora di calcio, due volte la settimana, seguiti da un allenatore cileno. L’allenamento è un mischione, è un gran miscuglio di obiettivi e proposte anche non adatte al gruppo, ma poco importa: i ragazzi corrono, si divertono, non c’è nessun conflitto, nessun episodio di violenza, nemmeno verbale. Un momento veramente bello, pensando alla storia di questi ragazzini, a ciò che hanno fatto (impossibile davvero pensarli “criminali” mentre li vedo ruzzolare per terra sorridendo quando scoordinati e goffi provano a calciare la palla con i loro piedoni lunghi, “fasciati” da scarpe enormi da basket) e a ciò che potranno fare in futuro. Già, perché una volta che sei stato dentro il tuo futuro è piuttosto segnato: non puoi accedere quasi totalmente al mondo del lavoro, perchè la maggior parte degli impieghi ti sono vietati; sei senza famiglia, perchè per lo più questi ragazzini vivono in contesti famigliari in cui il padre normalmente è in carcere, o è alcolizzato o drogato, quando c’è, mentre la madre…più o meno vive allo stesso modo; sei senza amici, se non quelli della gang che ti ha fatto sbattere in carcere “per farti le ossa”, per formarti e farti crescere. Insomma, non hai nessuna altra opzione che non sia tornare a delinquere. O se no entrare in questi programmi e…provarci. È un vero peccato non poter collaborare con loro per via delle età, perchè qui il calcio farebbe davvero la differenza. Ma quell’uragano di Danny ha in serbo per noi altre mille proposte, quindi anche domani levataccia, ma sicuramente proficua, per lo meno per conoscere qualcosa di nuovo e crescere un pochino anche domani.


Nessun commento:

Posta un commento