giovedì 12 settembre 2013

Congo, Kinshasa 2013

...e poi, cacchio, all'improvviso ( si fa per dire, visto che siam partiti alle 20.30 e siamo arrivati a Linate alle 11...) passi dal campo in sabbia del camp Kikolo, a quello in erba sintetica della Calva, dai bambini nerissimi, senza scarpe, senza abiti se non la maglia neroazzurra, spesso, troppo spesso, senza i genitori, eppure disciplinati e attentissimi alle tue proposte sul campo, ai tuoi che si sputano addosso nello spogliatoio, che crescono a bestemmie e sembra ti facciano un favore a giocare a calcio; dalla bolgia infernale delle strade sterrate di Kinshasa, alla tangenziale super affolata di Milano, con gente isterica, maleducata e prepotente gia' alle 7 del mattino. Ti ritrovi, quindi, catapultato da una realtà ad un'altra, senza quasi rendertene conto e spesso, almeno io, senza essere in grado di rendermene conto, lasciandomi superficialmente scivolare addosso tutto, senza fermarmi a riflettere, a ripensare a questi due mondi così distanti e diversi, ma immergendomi in ciascuno di essi senza colpo ferire, come se nulla fosse, rendendomi conto solo a tratti di quante occasioni di crescita, di miglioramento lascio cadere, evitando di fermarmi, di rallentare un secondo e...pensare.pensare.
Solo ogni tanto son capace di rallentare il ritmo, come ora, e riavvolgere il nastro delle esperienze, per gettare un po' di luce su quella selva di avvenimenti altrimenti accatastata nell'oscurita recondita della mia mente (vuota, piena solo di palloni, quindi ricca di angoli oscuri), per capire un po' piu' dove sto andando, cosa sto combinando e cosa fare per render tesoro cio' che ho la fortuna di vivere. Ma giusto un secondo: poi c'e' il prossimo viaggio da preparare, l'allenamento del pomeriggio, quello del giorno dopo, i bimbi da accogliere, i genitori da calmare, già sul piede di guerra ancor prima di aver iniziato la stagione (un'ora a parlare con due papà che, in una squadra di 14 bambini, si lamentavano per l'orario dell'allenamento e chiedevano con insistenza il cambio orario, senza tener conto degli altri 400 bambini coinvolti nella nostra società, giusto per dirne una) e tutte quelle menate che ogni giorno di più mi spingono a pensare ad una casetta con Silvia fuori dalla scuola di Nagallama, o vicino a Francis, o nei pressi della casa di Alba onlus a Lubumbashi, o, o, o...

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