giovedì 30 gennaio 2020

Katmandu e i suoi dubbi


GIORNO 1
Il risveglio dopo una trasferta di questo genere e con 4 ore e 45 minuti di fuso (chissà perché 4:45 e non direttamente 5?) è sempre un po’ traumatico, ma sarà l’eccitazione per essere tornato da queste parti, sarà la concentrazione dovuta al lavoro da affrontare, dopo il mio classico risveglio muscolare mi sento fresco e riposato, pronto per la giornata, e il trauma della sveglia rimane circoscritto al solo momento del suono della stessa. Un po’ meno pronto, ahilui, uno dei compagni di viaggio, Gabriele, che non si presenta all’orario stabilito per la colazione e si ridesta solo a seguito del mio deciso bussare alla sua porta. Questo perché non ha praticamente dormito tutta notte, vittima del jet leg (che per me non esiste, ma questo è un ampio discorso che qui non affronterò. Per lo meno non ora) e quando la sveglia ha provato a chiamarlo nel mondo dei desti, non ha saputo, non ha potuto in nessun modo rispondere. Io impazzirei! A me che piace dormire, che non posso nemmeno immaginare una notte insonne, che non reggo la stanchezza dovuta al sonno, una disavventura come la sua non saprei proprio come gestirla, come viverla. Lui invece sembra abituato, tanto che, seppur sbattuto, non appare particolarmente provato nel corso della mattinata, per quanto questa si sia rivelata abbastanza intensa, seppur piacevole. Intensa perché gestire un’aula in inglese non è mai semplice, anche se la guida è rimasta per lo più in mano mia, e riuscire ad essere efficaci ed efficienti per sfruttare al massimo il tempo a nostra disposizione coi mister locali, dopo una notte insonne…be’, non sono nemmeno in grado di immaginare come poter fare. Non ne sarei capace. Bravo lui. Ma a parte questo, bravi noi, perché al termine sono piuttosto soddisfatto di come sono andate le cose, anche se…anche se alcune cose di cui ho parlato con loro proprio oggi sono fonte di riflessione per me in questi mesi, per cui non sono totalmente convinto, sicuro, perfettamente allineato con ciò che poi ho condiviso. Certo, niente di importantissimo, nessuna questione di vita o di morte, si parla di allenamento e metodologie, ma comunque sono argomenti che fino a non molti mesi fa sentivo completamente miei e sui quali ora nutro qualche dubbio, qualche perplessità. Di conseguenza per rimanere coerente con quanto fin qui portato avanti nei vari paesi col progetto ho mantenuto la classica linea, ma nel momento stesso in cui dicevo certe cose ai mister, nascevano in me nuovi dubbi, nuove domande rispetto proprio a ciò che stavo dicendo e…be’, non è stato facile. Non facile, ma credo comunque positiva questa cosa: ritengo che “tutto scorra” (magari non son proprio io ad aver elaborato questo pensiero, però lo faccio mio molto spesso), le idee mutano, l’esperienza allenamento dopo allenamento, viaggio dopo viaggio, mi sta portando in questo periodo come non mai a nuove riflessioni, a nuovi punti di vista, sto iniziando ad aprire, o per lo meno ad immaginare, nuove strade, nuove vie per i miei allenamenti, che in alcuni casi mi portano a sperimentare sul campo cose per me nuove, per cui son contento di nutrire dubbi, di mettere in discussione certe cose che davo per assodate, però…non è facile. Oltretutto in trasferite come questa! Meno male che tra poco andiamo con Kishan e i suoi amici a giocare a calcio! Li, in quel campo, tutto si chiarisce, tutto diventa più facile! Almeno per un po’.


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