venerdì 31 gennaio 2020

Il "gelo" in una stanza.


NEPAL Giorno 2
Ma che freddo fa in questa stanza??? Assurdo. Non è possibile! Ci saranno 3 gradi in camera, mentre fuori si riesce tranquillamente “a sopravvivere”, con la temperatura che arriva anche a 10 gradi, quindi più che tollerabile. Il problema è che prima o poi devo far ritorno in hotel e li si gela. Di notte poi si toccano punte di freddo inspiegabili: dormo con la calzamaglia, la maglia a maniche lunghe, la felpa, le calze, la borsa dell’acqua calda abbracciata e non so nemmeno più quante coperte sopra. E riesco ad avere freddo. Terribile. L’unica mia fortuna è che ho un sonno da record e quando mi addormento nulla può ridestarmi, per cui freddo o non freddo, una volta toccato il cuscino per me inizia la fase rem; per lo meno fino a quando non devo alzarmi per far pipì (qui si bevono mille the differenti durante il corso della giornata, per cui la notte è una staffetta continua in direzione toilette), perché li inizia la sofferenza. Uscire dallo strato di coperte non solo risulta essere una prova di carattere, ma anche una prova fisica vera e propria, perché tutte insieme le coltri pesano non poco e di conseguenza spostarle non è propriamente una banalità, ma…bisogna. E il peggio deve ancora venire, perchè le piastrelle della stanza sono praticamente una lastra di ghiaccio, mentre il bagno, non riesco a capire per quale motivo, è una sorta di bagno turco, ma di vapore freddo! Talmente umido che lo specchio è perennemente coperto da uno strato di acqua, come quando fai la doccia d’inverno e la stanza diventa Ronco Briantino alle 21 a dicembre, con tutto l’ambiente molto  più simile ad uno stagno, che ad una camera di una stanza d’hotel. Madonnina! Quando mi rituffo sotto la tonnellata di coperte è una vera goduria, al punto che riprendo sempre sonno in brevissimo tempo, per cui comunque al mattino mi sveglio bello riposato, nonostante il naso gelato. E per fortuna, perché oggi, per esempio, siamo stati in campo alla scuola Beercheba e se non avessi ben dormito avrei sicuramente un po’ patito lo scorrere del tempo, invece…fresco come una rosa (gelata), insieme a Gabriele (lui perennemente insonne, invece) ho seguito i nostri ragazzi nei loro allenamenti della giornata senza colpo ferire. E che fatica. Non mia. Per loro, intendo. Grande entusiasmo, grande volontà, grande attenzione, ma dei limiti motori che si palesano nel tecnico importanti. Importantissimi, considerando le età di qualcuno, tanto che la seduta avanza con grande coinvolgimento, grande divertimento generale, ma toccando temi molto semplici, molto elementari, a prescindere dalle età dei bambini coinvolti. E in queste occasioni mi rendo conto che il nostro intervento in loco è troppo breve, troppo ridotto, sicuramente insufficiente, perché per quanto bravi siano i nostri allenatori, anche loro sono alle prime armi, alla prima esperienza con il magnifico mondo dell’allenamento, per cui lasciarli da soli per sei mesi e rimanere con loro per una settimana solamente è troppo poco, per poterli preparare a colmare le grandi lacune dei nostri bimbi. Dovremmo cambiare struttura, dovremmo pensare ad una evoluzione dei nostri interventi, perchè così, per me, siamo poco efficaci, incisivi. Un allenatore che si ferma per due, tre mesi, potrebbe essere una soluzione, o anche solo un mese, continuativo, sarebbe già una evoluzione, ma…va pensata e forse non è questo il momento per farlo. E allora accantono immediatamente questo pensiero, mi risvolto le maniche e provo nel tempo che ho a disposizione a lasciare più informazioni, contenuti, esempi, spiegazioni possibili, fruibili sia dai bimbi, che dagli allenatori e mi metto in attesa di rientrare da queste parti per portare aventi il lavoro e provare a migliorare le cose anche su questo campo del mondo.


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