martedì 17 dicembre 2019

UGANDA 2019


UGANDA 2019
Il viaggio per arrivare nella “pearl of Africa” è sempre un massacro indescrivibile, che oltre a farmi rivivere momenti della mia vita ormai dimenticati come quello da poco descritto lascia in me segni importanti di stanchezza fisica, tanto che una volta arrivati al Cuamm a Kampala dopo 17 ore impiego dai 6 ai 7 secondi per crollare nel sonno. E che sonno. Profondo, profondissimo, ma non totalmente ristoratore, forse perché breve, tanto che al mattino, quando il “buon” Tito mi sveglia di soprassalto nell’ormai classico modo (ossia batte alla porta con le sue manone da muratore veneto, al punto da farla apparentemente crollare) mi sembra di essermi addormentato solo poco prima. Forse non è solo un “mi sembra”, però; forse è proprio così e quando ancora con gli occhi mezzi chiusi esco dalla stanza mi sento tutto fuorché sveglio e pronto per la giornata. Ma… anyway, va così e dopo la solita, frugale colazione la cui unica nota lieta è la moka, alle 9 sono di nuovo in viaggio, stanco o non stanco che sia, questa volta insieme a Michael, Opio e l’autista della scuola, direzione Naggalama. Per questo trasferimento normalmente impieghiamo dai 40 ai 50 minuti, ma purtroppo per noi  la stagione delle piogge ha deciso quest' anno di prolungarsi oltre e la continua e abbondante caduta di acqua quotidiana genera, come in tutto il mondo, un traffico inumano, che ci rinchiude in macchina per altre tre maledettissime e infinite ore! Da impazzire! Come in tutto il mondo, certo, ma qui anche la pioggia è “speciale”, per cui le conseguenze della sua abbondante caduta sono uniche, perché va bene il traffico, va bene il casino, ma rimanere fermi, immobili, per cinque minuti, con boda boda che si infilano da tutte le parti, macchine che si avventurano in contromano improbabili o matatu che cercano spazi inesistenti ove infilarsi, non è roba "di tutto il mondo". Solo qui e a Luanda ho visto cose del genere. Quando, dopo un tempo infinito, arriviamo alla nostra casetta vicino all’ospedale e posso finalmente scendere sono intontito, con la testa ovattata e i riflessi rallentati, come il giorno dopo una stupida sbronza, peggio di questa mattina, ma…non c’è tempo per provare a riprendersi. Siamo in spaventoso ritardo e tra meno di mezz’ora dobbiamo iniziare il lavoro, incontrando prima gli allenatori in aula e poi i bambini in campo, per dar forma al primo allenamento della missione. Insomma, chi si ferma e perduto, per cui ingurgitiamo velocemente una specie di pasta appiccicosa preparata dalla nostra house keeper Sandra e via, si vola al campo. Per fortuna a piedi, visto che siamo vicinissimi. Non voglio salire su una macchina per il resto dei miei giorni a Naggalama! Quando due minuti dopo entro dal cancello della scuola, rivedo il campo verde smeraldo con l’enorme mango a fare da sentinella, riabbraccio i “miei” allenatori, rivedo centinaia di maglie neroazzure vestite da centinaia di bimbi e bimbi del villaggio…la stanchezza sparisce, riacquisto vigore e parto, con quella strana sensazione addosso che mi fa credere di essere esattamente dove dovrei essere. Sensazioni uniche che fungono da eccitante, da integratore energetico, tanto che le ore passate sul campo volano via velocemente, senza lasciar traccia, senza ulteriori segni di fatica. Addirittura la sera riesco a vedere senza cedimenti tutta la partita col Barca (maledetto Lukaku e quei due gol sbagliati clamorosamente), che qui è trasmessa alle 23, essendo noi due ore avanti in questo periodo dell’anno. Peccato solo che non si concluda come speravo…Amen. Ora posso crollare e dormire tranquillo, per lo meno per le prossime sei ore. Poi si ripartirà con una bella corsa, prima di tornare al campo. 


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