mercoledì 18 dicembre 2019

Running to Kayunga


UGANDA 2019
Esco di casa che ancora il sole sta lentamente facendo capolino in un cielo azzurro, azzurrissimo e momentaneamente terso, e iniziando la mia corsa mattutina decido di andare verso Nord, di seguire la strada principale, nonché l'unica strada, “verso destra”, direzione Kayunga. Rispetto a quanto normalmente faccio, quindi, direzione opposta, strada conosciuta, ma non a memoria come quell’altra, anche se fin dai primi chilometri capisco che la sostanza rimarrà la stessa: continui saliscendi, a volte dolci, a volte un po’ meno, che mi accompagnano ad attraversare un paio di villaggi intervallati da campi aperti, incontrare un numero infinito di scuole e a incrociare gente. Gente che sbuca da ogni lato, gente che esce da casa per venire incontro a questo strano Mzungo che corre, gente…che mi chiama per nome e mi saluta! “Good morning, Alberto”, sento incredulo mentre annaspo sulle salite. Certo, non è che sono il Papa e la gente esca festante in massa dal proprio “salotto” (che non è proprio come quello che pensiamo noi) per salutarmi, ma sentirsi chiamare per nome da 4, forse 5 persone, nei 12 chilometri percorsi e soprattutto a migliaia di chilometri da casa, è comunque una strana cosa. E piacevole, perché aumenta in me quel “sentirmi a casa” cui facevo cenno ieri, quando ho rimesso piede nella scuola. Rientro quindi contento, seppur con un fastidio al polpaccio; doccia gelida, non per scelta, ma per necessità non essendoci acqua calda, colazione insieme a Max e Lorenzo e via, si riparte con il corso mattutino. Il livello degli allenatori, qui, è mediamente alto, per cui l’introduzione del nuovo tema si rivela meno ostica del previsto e la partecipazione dei coaches, sempre molto alta, attenta, interessata, facilita ulteriormente la condivisione di temi altrimenti non semplici. Tre ore, quindi, volano con semplicità, in un buon clima generale e soprattutto grazie ad un’ottima alchimia, un’ottima relazione tra i Basungo interisti. Normale tra me e Max, col quale ho condiviso almeno cento viaggi (e cento sono sicuramente pochi, se dovessi veramente mettermi a contarli, ma…che cazzo me ne frega di numerare i miei viaggi intercampisti???) e col quale ho un costante e solido feeling, liti o non liti, prese per il culo o meno, missione dopo missione; un po’ meno normale tra me e Lorenzo, visti i tempi che corrono. Invece, anche qui, questo posto magico ci mette lo zampino (almeno così credo io) e con i suoi vividi colori, la sua tranquillità dominante, la sua serenità avvolgente, i suoi ritmi…africani, ci aiuta a ritrovare quella condivisione di intenti, quel positivo spirito di collaborazione, necessaria per vivere al meglio l’esperienza lavorativa e non di questi giorni e per far arrivare ai nostri amici messaggi chiari e soprattutto univoci. Si, ne sono certo: è questo posto a rendere tutto più semplice, più…umano. Non so dire con precisione dove si nasconda questa magia, ma è così. Saranno i colori così accesi, vivi, unici; sarà il clima, sempre mite, piacevole, mai troppo caldo, mai troppo freddo; saranno le persone, mai troppo “a disposizione”, ma sempre comunque gentili, sorridenti e disponibili; sarà il paesaggio, naturale, puro, “africano”, ma mai pericoloso, selvaggio o “civilizzato”, sarà…l’equilibrio, si l’equilibrio unico di questo posto, che non ritrovo in nessun altro Paese che conosco, che visito costantemente, che mi, ci, permette di tornare ad essere umani e a vivere e lavorare come tali. Bisognerebbe avere sempre “un po’ di Naggalama” con noi, a disposizione, penso. Per “restare umani” (cit).


Nessun commento:

Posta un commento