giovedì 24 gennaio 2019

Riflessioni da un campo di terra


RIFLESSIONI
Rileggendo la chiusura di quanto ho scritto ieri mi son venute in mente un sacco di cose che hanno iniziato a occuparmi la testa e che ora voglio liberare su carta virtuale per tornar tranquillo, con la mente sgombra da futili pensieri. Girando tra varie società dilettantistiche della Brianza e non solo da un po’ di anni, se si considera che ho iniziato ad allenare a 16 anni l’ascot triante, posso ora dire con assoluta certezza e assoluta tristezza di aver chiaro in testa il fatto che la mia visione del calcio giovanile non può che rimanere una visione, senza possibilità di concretizzarsi, considerando i personaggi che popolano il calcio giovanile dilettantistico. Non che io sia il profeta incompreso del calcio, sia chiaro: ciò in cui credo non è niente di speciale, niente di magico, ma ormai mi è chiaro che non può prender forma. In cosa credo? Semplice: nell’uso del calcio, dell’allenamento, per crescere bambini; nell’educazione all’agonismo sano, puro; nella ricerca con tutti i mezzi leciti della vittoria, con la consapevolezza che valga più una sconfitta per crescere ed imparare che cento successi; nei gruppi omogenei, non perché voglia vincere con quelli bravi e riempirmi le tasche con le iscrizioni di quelli scarsi, ma perché per garantire a tutti di poter accedere ad una formazione ideale, in linea con le capacità attuali (attuali, perché i bimbi in due mesi si trasformano), una proposta specifica, ad hoc per le proprie capacità, è necessario dividere per abilità i gruppi (e dentro il gruppo omogeneo, garantisco, vige una enorme disomogeneità comunque); nell’allenamento che sia in grado di allenare non solo “i piedi”, ma anche testa e cuore; nell’allenamento pensato, studiato per i propri bambini e non preso dalla rivista, dal corso con l’allenatore professionista o visto su youtube in uno dei mille canali dedicati all’allenamento dei giovani e riproposto tale e quale sul proprio campo di terra, fischietto in bocca e cronometro alla mano; nella programmazione che non subisce modifiche, cambiamenti, per i risultati, ma che prevede aggiustamenti per le risposte ricevute dai bambini nel corso della stagione, affinché sia sempre allineata con le esigenze dei nostri giovani atleti; nel sabato pomeriggio di gioco tranquillo, sereno, momento fondamentale per la crescita, il miglioramento dei bambini, senza bestie dall’altra parte del campo che urlano, sbraitano, chiamano falli inesistenti (cazzo, ma non c’è l’auto arbitraggio nei bambini???), fanno finire le partite con 5’ di anticipo o di ritardo, a seconda del risultato (dai, voi che allenate, provate a smentirmi: è capitato a tutti, è così), o con bestie forse peggiori attaccate alla rete a sbraitare contro l’arbitro, il mister, il figlio, l’avversario o qualunque altra “cosa” si stia muovendo in campo; credo dunque nel calcio, quello vero, quello che si gioca sui campi di periferia, che è diverso, DEVE essere diverso da quello delle società professioniste, dei pari età professionisti, perché loro hanno e devono avere altri obiettivi (nel mio mondo riconosco tre livelli: il primo, quello più popolato, quello di tutte le società dilettantistiche, con caratteristiche e finalità proprie; il secondo, quello delle società “blasonate”, legate alle grandi, con altri obiettivi e altre caratteristiche; ed infine le grandi, le professioniste, ancora diverse e con altri obiettivi), con differenti metodologie applicate e modalità di approccio al bambino e al calcio in generale. Insomma, credo in tutto ciò che tutte i direttori sportivi, i responsabili tecnici, i vari fenomeni che popolano il mondo del calcio dilettantistico dicono sempre a tutti i genitori al momento dell’iscrizione, al momento della prima riunione, ma che poi, puntualmente, dimenticano quando inizia la stagione, quando iniziano “a contare i tre punti” e i risultati, quindi “buttala la quella palla”, o “no, quello non può circolare” o “portane sette, i migliori domenica, per gli altri organizziamo un’amichevole, ma dobbiamo vincere”, quando quindi tutto quanto si è detto, perfettamente in linea con quanto ho appena scritto, viene dimenticato e il risultato, la vittoria, il proprio ego diventano i nuovi riferimenti, i nuovi valori. E ne ho pieni i maroni.


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