martedì 17 novembre 2015

Giocare aiuta a guarire

È da tanto che manco da queste pagine ed è da tantissimo che non viaggio, ma una bimba ha fermato il mio incessante pellegrinaggio per il mondo e mi ha volentieri "costretto" a casa, per accudirla, per vederla, per conoscerla, insieme a Silvia. Erano 11 anni che non rimanevo in Italia per così tanto tempo, ma ora si riparte, si torna a raccontare i campi del mondo.
Ma questa volta niente aereo, niente trasferta intercontinentale, niente massacrante, forzata seduta negli scomodissimi seggiolini di una qualsiasi compagnia aerea; questa volta il campo che mi accoglie è quello di casa, Interello, dove per la seconda volta questa stagione diamo vita a un allenamento con bambini in post therapy dell'ospedale San Gerardo di Monza. Post therapy??? Cioè? "Parla come mangi", sento già riecheggiare nelle orecchie questa frase. Post therapy: dopo la terapia. Bambini che sono stati malati di leucemia e che stanno uscendo dalla malattia e per questo hanno bisogno di un pallone da inseguire per trovare più velocemente la strada che porta fuori. Bambini dai 5 anni ai 14 che hanno trascorso gran parte delle loro giornate costretti a letto, il più delle volte nemmeno il loro letto, ma quello freddo, "puzzolente" (l'ospedale puzza, non si può negare: di disinfettante, di odori finti, artificiali...puzza) dell'ospedale, bambini che quindi hanno poca, se non nessuna, dimestichezza col movimento, col proprio corpo...con il gioco. Eppure bambini bellissimi, sorridenti, positivissimi, determinati, decisi ad imparare, ad apprendere il più possibile in quell'ora e mezza che possiamo dedicargli; bambini che corrono allo stremo delle forze "dentro" le nostre esercitazioni, correggendo il loro movimento ad ogni nostro consiglio e migliorando minuto dopo minuto; bambini che hanno tanto da insegnare ai miei della Calva, sani, forti, robusti, inconsapevoli della fortuna che hanno, del grande dono che hanno ricevuto: la salute.
Ok, ok, spostatevi davanti...lasciate far manovra...lasciate ora uscire il gran camion di retorica che ha scaricato il suo contenuto su questa pagina...No, mi spiace, questa volta no. Non sono il tipo da lanciarsi in racconti in pieno stile De Amicis, in storie prese da studio aperto. No, no, quale retorica? Tutto vero, tutto parte di ciò che sento, che provo, ogni volta che sono sul campo con questi bambini e bambine; quando sono sul campo con Teresa, ad esempio: un fascio di nervi con due mega occhi azzurri che ti fissano attenti quando spieghi e una "grinta" che la porta a duecento all'ora a provare, a mettere in pratica ogni tua richiesta, ascoltando i tuoi consigli e migliorandosi minuto, dopo minuto; oppure quando gioco con Vittorio, un nano di 5 anni simpaticissimo, in possesso di una proprietà di linguaggio che tanti adulti mai potranno nemmeno immaginarsi, con grossi, evidenti limiti già negli schemi motori di base quali il correre e il saltare, eppure sempre...sul pezzo, con la sua corsa ultra tallonata e la sua inimitabile conduzione di punta, che allenamento dopo allenamento sta quasi diventando di esterno piede. Grandissimo.
O ancora Marco, o Jacopo, o Oscar (6 anni e già un trapianto di midollo alle spalle), o, o, o...Mi diverto sempre un sacco in campo con loro e mi piacerebbe portarli in campo una volta coi miei bambini, farmi raccontare la loro storia ed essere io ad ascoltar loro per imparare, apprendere qualcosa in più.

Nessun commento:

Posta un commento