mercoledì 21 maggio 2014

Calcio, specchio della società

Calcio, specchio della società.

"Juri, oggi finito allenamento mi alleno, non mi limito a giocare due ore. La schiena mi fa troppo male su quel campo di cemento e poi voglio fare forza e qualche ripetuta". Queste le mie intenzioni dopo pranzo, finita la teoria nella già solita e mitica aula. Peccato che tutto sia rimasto in teoria: appena finito l'allenamento con i bambini, è bastata una semplice domanda per far crollare le mie intenzioni, "Alberto, joga a futsal?" e tutte le mie buone intenzioni sono naufragate, sommerse da onde di agonismo e spruzzi di palloni calciati. Cazzarola. E ora la schiena è in condizioni critiche, nonostante il lungo lavoro post partita di scarico, ma...cacchio, come si fa a resistere ad una palla che rimbalza? È ammaliante, ipnotica, troppo coinvolgente: alla fine vince sempre lei. E considerando questa sua forza, ai miei occhi invincibile, rivedere la stagione dei miei 98, per nulla innamorati del calcio, desiderosi di correre, sacrificarsi, sognare praticando questo sport, sempre assenti, impegnati in altro, mi risulta senza spiegazione, irrazionale, inconcepibile. Invece...mah, valli a capire. Qui invece la mia stessa passione la rivedo in tutte le persone che incontro, tutte innamorate come me di quella palla e tutte dedite alla pratica del gioco del calcio, anche se ognuno a modo proprio, ognuno secondo la propria cultura, la propria educazione, la propria società. Viaggio dopo viaggio, partita con gli allenatori dopo partita con gli allenatori, mi sembra ogni giorno di più che il modo di giocare, il modo di scendere in campo ed elaborare strategie per arrivare a "conquistare" la porta avversaria, sia un vero specchio della società, rappresenti pienamente il modo di essere, di vivere proprio delle persone di questo, o di quel paese. Vai in Brasile, dove la gente è molto...fenomeno, son tutti un po' gradassi, simpatici, sempre pronti alla battuta, ma un po' pieni di se'; ecco, scendi in campo coi brasiliani e la partita si sviluppa non prima che ogni giocatore con la palla al piede non abbia provato un numero, una finta o un tocco della palla improbabile, insomma, non prima che ogni giocatore abbia fatto un po' il fenomeno, appunto. Vai in Uganda, dove la gente che ho incontrato è tutta molto allegra, umile e...essenziale, semplice e quando giochi il calcio è semplice, senza fronzoli, ma per farli tirare in porta, fargli prendere una "responsabilità", devi chiederglielo per piacere. Vieni qui in Angola, dove lo stampino è un po' brasiliano, fenomeni, un po' pagliacci, simpatici, sempre pronti a prendere e a prendersi in giro, un po' troppo votati all'individualismo, per lo meno quelli della capitale, ed ecco che la partita è tutta fatta di no look, tocchi di tacco, finte inutili, doppi passi senza scopo e poche combinazioni, poca collaborazione. Insomma, dimmi come giochi e ti dirò chi sei! O per lo meno questo è quanto sto osservando in questi anni, in giro, sui campi del mondo.

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