Sui campi del mondo
martedì 11 marzo 2025
Barefoot...ball
Era da un po' che non vedevo così tanti piedi nudi sul campo, intenti a calciare, dominare, inseguire la magica sfera di cuoio. L'ultimo ricordo che mi viene in mente in tal senso risale alle seychelles, quindi...orca, non ricordo. Direi marzo 2022 ma forse mi sbaglio. Poi, chi più, chi meno, i bambini allenati e coinvolti nel mega, classico, torneo finale erano quasi sempre forniti di scarpe. Qui a Sao Tome, invece, sono più quelli senza, di quelli con. E quando qualcuno indossa addirittura quelle da calcio, le divide col fratello. Davvero, non sto scherzando: Adlaberto, bimbetto di 9 anni, indossa solo la scarpa destra da calcio, il piede sinistro rimane scoperto, solo con la calza. Inizialmente non riesco bene a capire, tra me penso anche che sia scomodo, poco funzionale, poi durante un esercizio il mio occhio cade sulla stessa scarpa, ma sinistra, ai piedi di un altro bimbo, Joao, 11 enne. Metto insieme i pezzi: la scarpa è la stessa, se la sono divisa. Per conferma chiedo al mio quasi omonimo, che conferma. Lui è destro, il fratello è mancino, la scarpa è grande per entrambi, ma...chi se ne frega! è una "splendida" nike tiempo blu, col baffo bianco, coi tacchetti e la linguetta col velcro in punta, per fissarla sul collo del piede. Un po' usata, a mio avviso, ma pur sempre una scarpa vera.
sabato 8 marzo 2025
Sao Tome e Principe
Rieccoci! Finalmente si riparte, finalmente torno in missione...finalmente? Devo dire sinceramente che anche a casa son stato bene e il lungo periodo di pausa mi ha portato a riflettere su un sacco di cose legate alla mia vita e al mio stato di "viaggiatore compulsivo", ma...non è questo il luogo, ne' tanto meno il momento. Ora ciò che voglio fissare su questo foglio virtuale sono le prime impressioni maturate in me dopo lo sbarco su quest'isola. Ah già, ancora non ho detto dove mi trovo: Sao tome e Principe. Penso di non aver detto molto ai pochi lettori di questo blog. Sao tome è un arcipelago composto da circa 20 isole che si trova a sud della Nigeria, poco sopra la linea dell'equatore, a ovest della Guinea Equatoriale; antico possedimento portoghese, ancora porta con se, mostra, i segni della dominazione: gli edifici, le strade, le chiese, tutto richiama lo stato lusitano. Guardandoti intorno, passeggiando, o correndo come ho fatto in questi giorni, per la capitale (sao tome, appunto. Fantasia portami via...) è difficile non pensare al Portogallo e per togliersi ogni dubbio...basta ascoltare la gente che parla. Con quella bellissima cantilena, con il loro "ne'" alla fine delle frasi, quasi fossero brianzoli, con la loro "s" quasi da gatto silvestro. Ricorda un sacco l'angolano, anche se mi parsa più chiusa, più veloce e complicata. Alcuni allenatori, i più anziani, ho fatto e sto facendo davvero fatica a capirli e devo ammettere che preferisco di gran lunga il portoghese brasiliano, soprattutto quello di Rio, pur ribadendo che questa è una lingua che mi piace molto. Lingua a parte, il resto su quest'isola è tutt'altro che bello. O meglio, è stato bello, almeno 100 anni fa, ma ora è fatiscente, cadente. Tutto, ma proprio tutto. Le strade hanno buche più simili a crateri, i marciapiedi son fatti di sassi e stanno tutti saltando, gli edifici...be', gli edifici cadono letteralmente a pezzi. Tutti gli edifici, anche quelli governativi: crepe, balconi con le balaustre rotte, grondaie divelte, imposte di legno gonfie per via dell'umidità, o spezzate. Davvero, tutto ciò che mi circonda avrebbe bisogno per lo meno di una riverniciata, ma al momento, girando per la città e guardandomi un po' intorno, non credo sia questa una priorità: la povertà è evidente per le strade, sbirciando appena al di la della strada. Bambini in pantaloncini...e basta, null'altro addosso, la maggior parte delle persone a piedi nudi, adulti evidentemente alterati dall'alcool a qualsiasi ora, barcollanti anch'essi in pantaloncini, banchetti improvvisati che vendono ogni qualsiasi genere di prodotto, dalle cuffie (quelle che ti danno in aereo! Vendono anche quelle) alle ciabatte singole (davvero, una sola ciabatta, senza la compagna. Ma chi cacchio se la prende???), fino alle cinesate più assurde, capitate su quest'isola chissà come, chissà da dove. Una situazione piuttosto decadente mi ha accolto e quando mi hanno accompagnato al campo per l'allenamento previsto, arrivato fuori dalle mura di cinta dello "stadio", mi aspettavo di incontrare un terreno di gioco in linea con tutto il resto, invece...varcato il cancello (arrugginito e cigolante, ca va sans dire), si palesa davanti ai miei occhi una perla nel deserto! Un campo a 11 in sintetico di ultima generazione perfetto, scintillante, morbido e curatissimo. Per ora. Una sorpresa incredibile. Intorno alberi, cespugli, plastica e lattine, bambini e adulti che ciondolano aspettando il trascorrere della giornata, ma appena dentro la rete di recinzione un campo da calcio vero, bellissimo. Che contraddizione. Che bellissima contraddizione. Già, forse avrebbero bisogno di altro, magari il campo perfetto non è ciò di cui maggiormente necessitano, ma la passione per il calcio qui sfiora livelli di devozione, tutti giocano, tutti buttano dietro quella palla problemi, pensieri, preoccupazioni, tutti, ma proprio tutti, mettono il calcio in cima alle proprie priorità. Addirittura in tre ragazzi mendicanti, per strada, fermandomi, non mi han chiesto soldi o qualcosa da mangiare, ma mi han chiesto "uma bola", un pallone, per giocare, lasciandomi di stucco. Cacchio, queste si che sono priorità!
giovedì 12 dicembre 2024
Saudi Arabia
Intenso, intensissimo viaggio. Più del solito, anche più caotico, complesso del solito. Un po' per la realtà in cui son stato catapultato, un po' perché il nostro partner per l'evento che stiamo lanciando è alla prima vera esperienza "sul campo" e le persone che fisicamente seguono le cose, per quanto super gentili e coinvolte, motivate, non hanno alcuna esperienza in questo ambito, pur avendo un cv spaziale. ma per altre cose.
Caotico, dicevamo: ieri mi son ritrovato a gestire sui tre campi che mi avevano affidato per il torneo per il quale avevo seguito l'organizzazione, il triplo dei bambini previsti, richiesti e la metà degli assistenti che mi avevano promesso! ovviamente senza alcun preavviso, senza che nessuno sapesse nulla. All'orario convenuto i bambini hanno iniziato, puntuali, ad arrivare, ma...non sono mai finiti! davvero, non esagero: un fiume in piena di nani sauditi, o con tratti somatici asiatici, indiani, qualcuno europeo, uno via l'altro, senza sosta. e tutti...da soli, senza accompagnatori, professori, genitori, zii, nonni o parenti ("oggi è vacanza", mi dice la ragazza responsabile csr di aramco. "i genitori ne hanno approfittato per lasciarci i bambini e godersi la giornata". Mortacci...). Niente, animali liberi, nelle mani del "fifa guy" e del suo torneo, assistito da 6 professori di educazione fisica inizialmente, due di loro parlanti inglese, che poi, magicamente, si son ridotti a tre. e nessuno di questi che sapeva che cazzo doveva fare! non nascondo il panico provato e l'intenzione a un certo punto, di formare squadre a caso per farle giocare randomly, una via l'altra, senza classifica, blue card e tutto il resto delle cose che avevo previsto. Poi mi son ripreso, son tornato in me, ho tirato in mezzo tre ragazzi della manutenzione dei campi, gli allenatori della federazione che hanno avuto il malaugurato ardire, per loro, di chiedermi se avessi bisogno di aiuto, ho affidato ai primi il compito di gestire i campi, ai secondi la gestione "tecnica" di ciascun mini torneo, ai volontari il compito di girare tra i tornei per riportarmi i risultati, in tempo zero ho messo in piedi 30 squadre (30!!!), le ho divise in 5 tornei su 5 campi (perché nel frattempo ho preso possesso anche di due campi a cinque inizialmente non previsti) e...ho iniziato a trottare tra i tutto il centro sportivo per avere tutto sotto controllo e assegnare, anche se un po' a caso, i punti "life skills"! E quanto ho trottato. Ma tutto questo, devo essere sincero, dopo lo spaesamento iniziale e la voglia di abbandonare tutto, con una bella dosa di serenità, di tranquillità, consapevole che comunque le cose sarebbero andate nella mia direzione. Non voglio fare il fenomeno, altri allenatori sicuramente avrebbero saputo gestire la cosa magari anche meglio, più velocemente (figa, mettermi a dividere i 300 e passa bambini per il numero delle squadre, per il numero dei campi, garantendo a tutti almeno tre partite, rispettando i tempi a disposizione è stata la cosa in assoluto più difficile e ha fatto emergere ancora una volta la mia assoluta distanza dalla logica matematica! Capra che sono), senza "rubare" ulteriori due campi ad Aramco , ma alla fine tutto è andato alla grande e tutti i bambini erano super contenti e gasatissimi per le partite, per i gol, per i cartellini blu, per tutte le cose nuove introdotte rispetto ai normali tornei. Insomma, è stata una super fatica, ma ne è valsa la pena. Certo è che la prossima volta voglio un incontro il giorno prima con tutte le persone che faranno parte dell'evento, per stabilire con anticipo doveri, compiti e responsabilità di tutti. Dovendo ripetere l'esperienza due volte all'anno per i prossimi tre anni, o almeno così è stato scritto sul contratto, voglio evitare un infarto tra un campo e l'altro a Dammam!
sabato 16 novembre 2024
La forza di una palla
La giornata di lavoro si è conclusa molto positivamente, con tutti gli insegnanti/allenatori super coinvolti e soddisfatti delle 6 ore di lezione e della parte teorica e noi altrettanto contenti. Inoltre, forse per l'emozione di trovarci dove siamo, sia io che Anto (che di solito invece è un po' meno "abile" a creare un clima positivo con gli allenatori) ci sentiamo, ci troviamo molto a nostro agio con le persone che sono con noi, ci sentiamo ben accolti, inseriti, per cui per tornare approfittiamo della gentile offerta di Roger, il più anziano del gruppo. Lungo la strada, però, avevamo notato un campetto da calcio sommerso dalla neve venendo in questi giorni e il nostro piano era tornare a piedi con un pallone per fermarci a fare due tiri su questo candido manto normalmente erboso, per cui chiediamo al nostro autista di non portarci fino in hotel, ma di lasciarci al campo. Un po' stupito il nostro "amico" acconsente, per cui pallone al piede, iniziamo una serie di sfide: gol calciando la palla in movimento dalla porta opposta, colpire il palo da 20/30 metri, fino al gioco che mi teneva all'oratorio per ore e ore da bambino, il porta a porta (si cerca di far gol nella porta avversaria muovendosi liberamente nella propria metà campo, senza mai oltrepassarla e si difende la propria senza usare le mani). 1-0, 2-0, 2-1, fin quando il pallone, calciato lontano dalla porta e fuori dal campo, non ci viene rilanciato da un bambino di circa 8/9 anni. Riprende la sfida, si calcia, si scivola, si fa fatica a colpire decentemente la palla...e un altro bambino si avvicina curioso. Quindi un altro, un altro e un altro, tutti provenienti dalla scuola qui dietro. "Do you wanna play?" domando. Nemmeno il tempo di finire la domanda e scatta la sfida: 10 contro 2. E che "grinta" sti nani: entrate in scivolate degne di montero, corse e rincorse alla ricerca del pallone; per quanto poco educati al gioco siano, dimostrano tutti grande passione, voglia di giocare e alla fine vincono anche! Al momento dei saluti la domanda è unisona: "tomorrow?". Cacchio, ma che bello è giocare a calcio?
venerdì 15 novembre 2024
Yellowknife
Se cinque anni fa mi avessero detto che mi sarei ritrovato in questo posto, a nord del Canada, nei territori del nord ovest, oltre a provare imbarazzo per via del fatto che non avrei saputo collocarlo sulla mappa, avrei anche dubitato dell'eventualità. Ma Fifa mi sta facendo scoprire realtà altrimenti per me irraggiungibili, mi sta facendo vivere esperienze altrimenti inimmaginabili e, anche se a volte mi sembra di non meritarmele, che voglio e cerco di godermi fino in fondo. Questo lungo viaggio mi ha portato fin qui a vedere per la prima volta l'aurora boreale (uno spettacolo incredibile, assolutamente...astonishing rende più l'idea del nostro stupefacente), a camminare per strada a meno 18 gradi (nulla per questo posto, che tra un mese, mi dicono, si ritroverà a meno 35, meno 40, lo scorso anno a febbraio a meno 50!), ad incontrare una volpe mentre andavo al ristorante, a camminare per un buon 400 metri sopra la superficie ghiacciata del lago e...ah, già, a lavorare. Si, perché in questo posto assolutamente affascinante (per una settimana. oltre credo si potrebbe impazzire, considerando anche che tra poco il sole farà capolino all'orizzonte per un paio d'ore e nulla più) son stato catapultato per lanciare il progetto in Canada, per formare i primi insegnanti/allenatori, che poi inizieranno a girare e a "diffondere il verbo" e ad inserire il calcio nelle loro ore di educazione fisica. E ogni volta rimango stupito dalla forza di federazione per cui lavoro: è stato firmato un accordo con quello che potrei identificare come il ministro dell'educazione dello stato, dei territori del nord ovest, per cui da ora, per promuovere il progetto, le ore di educazione fisica diventeranno due nel corso della settimana. Non so quanto sia alla portata di tutti questa cosa. Ma meno male che si riesce a fare. Non tanto per il calcio in se, ma perché così, anche se ancora non abbastanza, i bambini hanno la possibilità di muoversi un po' di più. E ne hanno bisogno. In questo meltin pot di "razze" (ho incontrato gente originaria dello zimbabwe, della somalia, dell'egitto...) l'obesità sta diventando un problema sempre più grande tra i bambini più piccoli, mentre la dipendenza da droghe e alcol tra i più grandi, adolescenti così come adulti. Quindi promuovere un po' di sport male non può fare. E allora via, concentriamoci sul lavoro per un attimo, prima di tornare a pensare cosa poter vedere a Yellowknife
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