domenica 28 luglio 2024

Quando la passione fa la differenza

 Non so bene come, ma nonostante non sappia lo spagnolo, le quasi tre ore di lezione di oggi sono state un successo e tutti erano contenti e soddisfatti. Io per primo. Alla fine si è anche aperta tra gli allenatori una discussione interessante e anche perfettamente in tema con ciò che stavo dicendo loro (per un momento ho pensato che si fossero rotti il cazzo di non capire ciò che stavo loro dicendo e avessero deciso di aprire un dibattito alternativo; ma ciò su cui discutevano, perché non parlo, ma capisco, era parte dell'ultima cosa che avevo loro spiegato riguardo l'importanza del motivare, coinvolgere il bambino, tanto più quando è "scarso") che ha coinvolto la quasi maggioranza dei presenti, 38 allenatori che vanno dall'ultimo allenatore ad aver vinto il titolo con l'Olimpya, la squadra più importante e titolata del paese, alla prof di educazione fisica, senza alcuna conoscenza di calcio. E sul campo, nel pomeriggio, ancora meglio: quasi tutti si sono prestati a partecipare, a fare i bambini e ad essere guidati da me nel corso della sessione; tanti hanno posto domande, hanno fatto puntualizzazioni coerenti e in alcuni casi interessanti, su questo mio intervento, o su questa mia variante inserita. Insomma, ancora una volta la barriera linguistica attraverso il calcio, per mezzo o grazie a esso, è stata smantellata pezzo per pezzo. We all speak the same language, dice uno slogan di Ghetton, e oggi ne ho avuto ancora una volta la conferma. E sono ancora una volta rimasto colpito da questa cosa. Perché non mi stancherò mai, spero, di stupirmi di fronte alla grandezza dello sport più bello del mondo. Alla sua potenziale grandezza, mi correggo. Perché potrebbe essere sfruttato per un sacco di cose, ma poi è relegato a...cassano, adani, genitori che si malmenano in tribuna e allenatori tarantolati che urlano cose dai più impensabili, a bambini o bambine che di li a poco appenderanno prematuramente gli scarpini al chiodo. E la cosa peggiora di anno in anno, in una spirale negativa senza fine. Che spreco. 

Spesso mi chiedo: cosa posso fare per cambiare le cose? e spesso mi rispondo: non lo so. Non lo perché son veramente tanti, troppi, quelli che agiscono in quel modo diametralmente opposto al mio. Aspetta, non voglio dire che solo io so fare le cose come andrebbero fatte, sia chiaro. Conosco tanti mister che vivono pienamente il loro ruolo da allenatore/educatore senza trascurare, tralasciare nessun dettaglio, ma...siamo sempre pochi. E soprattutto relegati al dilettantismo. Il passaggio tra i professionisti è negato perché "se fai calcio, fai calcio. Se vuoi educare fai altro". Quante volte questa frase. In forma differente, magari, ma con la medesima accezione. E quante volte mi sono incazzato per questa stupida, limitata, superficiale, visione dell'allenamento. E quindi li, dove si diventa esempio per altri, tra i professionisti, si moltiplicano stagione, dopo stagione i Conte improvvisati, che sbraitano, guidano i bambini passo, passo nel corso della partita, e vivono il momento della gara con un solo obiettivo: vincere. Vincere e vinceremo, diceva...sappiamo tutti come è andata a finire. Forse è il caso di cambiare prospettiva. Ma come? Alla fine gli allenatori sono confermati o silurati, giudicati, sulla base dei risultati, c'è poco da favoleggiare. Che sia una under 8, o una under 16, se vinci sei bravo e confermato, altrimenti...te saludi, Ambroeus (cit). Quindi bisognerebbe partire dall'alto, da chi dirige...see, più facile farmi diventare bilanista. Insomma, non si può proprio far nulla? Forse una cosa si: continuare a spargere il seme relativo a questa idea di calcio, ad alto livello, professionale, certamente incentrato sul miglioramento tecnico del bambino, del calciatore, ma aperto anche a tutto quella che per i più è extra calcio e che se non riuscirà a fare del nostro piccolo giocatore il futuro campione, sicuramente ne farà un sicuro adulto migliore. E se diventasse calciatore? Be', un atleta con anche un buon livello di sviluppo di quelle che son chiamate life skills, certo non potrà che giovarne. Mi sembra così chiaro e semplice...

mercoledì 24 luglio 2024

Honduras...veramente in culo al mondo!

 Tralasciando il viaggio infinito per arrivar fin qui (alla fine son stato in ballo 38 ore per arrivar qui...in aereo, non in vespa, però. Davvero senza fine questa trasferta), l'atterraggio a Palmerola mi aveva aperto grandi speranze, nonostante ciò che sapessi di questo paese. Una volta uscito dall'aeroporto, infatti, seguito il consueto cartello "alberto giacomini Fifa", che mi fa sempre un certo effetto, e salito in macchina accompagnato questa volta da Jose Alberto, il viaggio verso la capitale, dove ora mi trovo e dove stiamo dando vita al corso, mi ha presentato un paesaggio che non mi aspettavo: una lunga strada di montagna, un sali-scendi costante, in mezzo a rilievi anche importanti (il mio autista dice che il monte più alto arriva fino a 2800mt!) e distese a perdita d'occhio di sempreverdi, delle foreste mi verrebbe da dire, all'apparenza quasi incontaminate. Insomma, non esattamente ciò che mi immaginavo e che ha stimolato la mia fantasia: già mi vedevo a correre sereno su e giù per questi boschi al termine delle giornate di lavoro, nel verde e nel fresco...ma la dura realtà mi si è manifestata dopo circa 90 minuti. Il tempo per arrivare a Tegucigalpa. La strada in discesa, le case che iniziavano a farsi più invadenti, alcune favelas tipo caracas sui fianchi delle montagne, le macchine che iniziavano ad aumentare...cazzo, mi sa che il fresco me lo scordo, ho pensato. Ma non solo. "jose, ma si può correre in città". La risposta è stata una grassa risata. "no, ma che correre. Non c'è spazio. Le strade sono piccole e sempre piene di macchine. E in più è pericoloso. Non rischiare. Resta in hotel e muoviti solo con me o con i ragazzi della federazione". Una coltellata al cuore. I miei programmi drammaticamente distrutti, radicalmente modificati, dalle poche parole del mio loquace accompagnatore (figa, in macchina non è stato zitto un attimo. Simpatico, per carità. Ma rimani simpatico anche se stai zitto un attimo e non mi fai mille e cinquecento domande!). 
E il breve assaggio della città che faccio di li a poco non fa che confermare il tutto. Arrivato in hotel ho giusto il tempo di una doccia e poi devo volare prima al ministero dell'educazione per incontrare il ministro e quindi in federazione per definire e controllare che tutto sia pronto per domani, giorno di inizio del corso. E le strade sono mega congestionate, ma soprattutto...piccolissime! Sono strade a due corsie, ma piccole corsie, stracolme di macchine, autobus, moto e...pedoni. Già, perché i marciapiede sono un'utopia da queste parti e quindi le persone non possono far altro che riversarsi in strada, a bordo strada, per raggiungere i propri luoghi. Sembra che la città sia esplosa in poco tempo, che il numero di abitanti sia decuplicato nel corso di pochi giorni, per cui le infrastrutture non siano state in grado di adeguarsi, di crescere di pari passo. Macchine ovunque, in questi tunnel mono corsia, o su questi viadotti altrettanto piccoli, moto che si districano tra le lamiere, ma anch'esse costrette a muoversi a rilento, taxi e autobus a passo d'uomo. Madonna, certo che non si può correre qui! Ma nemmeno vivere. Che cavolo