Giorno 2
L'allenamento in un kibbutz mi mancava
ancora, ma oggi ho colmato questa grave lacuna! Allenamento a 2000
metri, nel deserto, sulla spiaggia di Copacabana, nel nulla eterno in
Marocco (ricordi Ciccio?), nella discarica di Cateura e da oggi anche
in un Kibbutz. Per la precisione nel Kibbutz Shefaym.
Certo nulla, o poco a che vedere con
l'idea romantica, puramente socialista di luogo della condivisione e
dell'uguaglianza totale e assoluta che questo luogo ha inseguito e
per un po' rappresentato, nell'immaginario collettivo, negli anni
passati; vero punto di riferimento, modello per gli idealisti
sognatori del secolo scorso (se non erro il primo ha visto la luce
nel 1909), il Kibbutz è oggi per lo più una realtà legata
all'industria, che raccoglie in una stessa zona i lavoratori di
questa o di quella azienda, cercando di rimanere fedele agli ideali
che rappresenta, ma cadendo spesso nello scimmiottamento. Mi spiego
meglio: l'industria del latte acquista una grande fattoria per
produrre latte, ad esempio, in quello che era un Kibbutz e tutti i
lavoratori sono parte di questa “realtà alternativa”, vivono e
lavorano insieme, collaborano su tutto, ma...producono per
l'industria, col fine del profitto. Insomma, si è un po' persa la
vena romantica, a mio modo di vedere, pur rimanendo comunque un po'
al di fuori degli schemi classici, ma il solo fatto di esserci dentro
un po' mi ha emozionato, visto anche il fascino che ha sempre
esercitato su di me questa filosofia di vita. Ma cosa ci faccio da
queste parti? Be', sembra che uno dei possibili partecipanti a Inter
Campus Israele/Palestina sia proprio questo Kibbutz, o meglio i suoi
bambini, da coinvolgere sul campo insieme ai bambini del villaggio
palestinese al di la del muro incontrati questa mattina. Possibili,
non tanto per loro: qui i bambini sono carichi di entusiasmo e non
vedono l'ora di incontrare i loro vicini, parole loro queste; il
problema sono le autorità sia dell'una che dell'altra parte, che non
vedono tanto di buon occhio l'integrazione, la collaborazione tra le
due parti e cercano, e riescono, di mettere i bastoni tra le ruote a
qualsiasi progetto con questo obiettivo, per cui ci vogliono
autorizzazioni, permessi, garanzie da parte di questo o quel
ministero...un rebelot, che limita il potenziale della palla. Limita,
non cancella: piano, piano, facendo iniziare le cose prima dall'una,
poi dall'altra parte, facendole incontrare solo in nostra presenza,
forse l'obiettivo potrà essere raggiunto, per cui...iniziamo così.
Kibbutz, bambini del villaggio palestinese e bambini di un villaggio
arabo israeliano (se solo mi ricordassi un nome una volta...), tutti
insieme, sotto l'ombrello neroazzurro, inizialmente amici “segreti”,
che si incontrano “di nascosto” e poi, chissà, se i grandi
inizieranno a ragionare, in campo insieme!!!
Giornata proficua, dunque,
intensissima, ma bella e divertente. Ora si collassa nel letto.
Domani prestissimo si riparte e prima voglio allenarmi.
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