Israele 2013- Seconda missione
Devo ammetterlo: ora come ora sono un
po' in low battery. Sarà il fatto che dopo nemmeno una settimana son
di nuovo in viaggio, sarà che in meno di un anno sono arrivato a 17
viaggi (nemmeno Colombo alla ricerca delle Indie è stato così tanto
in giro!!!), sarà che siamo a fine stagione e le energie residue son
sempre meno...sarà quel che sarà, ma devo proprio ammetterlo: sono
un po' stanchino.
Niente di importante, per carità:
faccio il lavoro più bello del mondo e non ho la benché minima idea
o intenzione di lamentarmi, altri lavoratori, quelli veri, hanno ben
più importanti diritti, se non doveri, di lamentela, semplicemente
esprimo una mia condizione, più mentale che fisica. Per questo
motivo il viaggio israeliano che sto affrontando me lo sarei
onestamente risparmiato: non per disinteresse, non per
superficialità, non per scarsa voglia di lavorare; solo perché tra
altri sette giorni sarò di nuovo via, in Camerun per l'esattezza, e
avrei bisogno di una minima ricarica. Un po' come quando hai il
garmin a terra di batteria (vero prof?) e poco prima di un'uscita lo
attacchi alla presa sperando “assorba” l'energia necessaria per
coprire tutta la durata della seduta, senza che ti abbandoni a metà
corsa. Ecco, allo stesso modo avrei bisogno di attaccarmi alla presa
anch'io in questo momento, per evitare di non coprire degnamente il
mio ruolo, di non svolgere adeguatamente il mio compito e deludere,
soprattutto me stesso, su questi campi del mondo.
E' la testa che conta più di tutto,
dico sempre, e allora basta lamentarmi, non ne ho diritto: sgombra la
testa e concentrati su questa nuova missione: Israele, questa volta
lontano da Nazareth, da Raz e da quel progetto di unione che ancora
stenta a decollare; questa volta siamo in visita di check, per
conoscere nuovi partner locali con cui finalmente, forse, riuscire a
lavorare sui campi delle due parti del muro, al di qua e al di la,
con bimbi Ebrei e Palestinesi allo stesso tempo. Magari non sullo
stesso campo, inizialmente, ma sicuramente con la stessa maglia.
Yasha, il ragazzo che ci “ha chiamati” da queste parti mi ha
fatto una bella impressione: ci siam conosciuti ieri e mi è
piaciuto; certo, bisogna frenare, anzi meglio contenere, il suo
entusiasmo iniziale per muoverci nel migliore dei modi e porre delle
solide basi su cui poggiare le fondamenta del progetto, senza voler
fare passi più lunghi di quanto le nostre corte gambe possano
permetterci, ma il suo approccio a Inter Campus mi sembra molto
positivo e mi piace la sua voglia di fare. E' in gamba, ha una bella
testa ed è interista: i pre-requisiti sono tutti positivi. Vedremo.
Domani mattina si inizia: kibbutz e villaggi alle porte di Betlemme,
per incontrare eventuali allenatori da “accogliere” sotto la
nostra bandiera e bambini con cui giocare. Di nuovo in viaggio, di
nuovo con Max, io e lui soli, come i primi anni di Africa.
Nessun commento:
Posta un commento